Gli Iron Maiden si prendono lo stadio: il racconto di una notte leggendaria a Padova
- Frank Travagli
- 18 lug
- Tempo di lettura: 9 min

Che il Run For Your Lives Tour sarebbe diventata la tournée più grande e redditizia degli Iron Maiden era palese già dai primi minuti di prevendita, con stadi e parchi che hanno registrato il tutto esaurito nel giro di pochi secondi. Anche se è diventata praticamente la norma vedere gli Iron Maiden crescere ogni anno, questa volta la band ha davvero fatto numeri che le più grandi pop star attuali possono solo invidiare. Padova non ha fatto eccezione, dal momento che gli oltre 40mila presenti allo Stadio Euganeo hanno fatto sì che quello di domenica diventasse il più grande concerto della band in Italia (sì, più grande di Milano 2013 e di Firenze 2018). Ma se negli altri paesi europei ciò ha essenzialmente significato soltanto vedere il gruppo in stadi strapieni, da noi si è andati oltre. C'era più gente del solito, e si sentiva eccome. Dalle tribune alle prime file, dal fondo sino ai posti più vicini non c'era un'anima che è rimasta in silenzio durante lo show, ma nemmeno prima. I famosi cori "Ole ole ole ole, Maiden, Maiden" sono partiti non appena i primi fan hanno fatto l'ingresso nello stadio, ad esempio. Insomma, più che un semplice concerto: è stato un evento epocale, nonostante alla fine i Maiden passino in Italia quasi ogni anno. È andato tutto divinamente, quindi? No. Ci sono state alcune cose che potevano essere fatte meglio e altre che hanno fatto scatenare la polemica online; fortunatamente (si fa per dire) si tratta di questioni extra-musicali, e per una volta non sono neppure così numerose. Ne parleremo in fondo.
IL CONCERTO
Fin dalle prime ore del mattino (anzi, fin dalla sera prima!), lo stadio è circondato da magliette degli Iron Maiden. Come al solito, probabilmente il vero incasso della serata per il gruppo è quello del merch, preso letteralmente d’assalto già dall’apertura. Oltre alle t-shirt del tour “classiche”, questa volta è presente anche una maglietta evento per la data italiana, raffigurante Eddie nel Prato della Valle di Padova. A discapito delle critiche sui prezzi del merchandise, questa finisce dopo poche ore: forse non dovremo aspettare altri nove anni per vederne un’altra?

Dopo qualche birra a 7 € (dai, abbiamo visto di peggio), ci dirigiamo all’ingresso.
L’entrata all’Euganeo è accompagnata da un bel diluvio, che riporta subito alla mente la “stupenda” serata bolognese del 2022 (quando lo show della band viene cancellato a pochi minuti dall’inizio, per chi non sapesse di cosa parliamo). Niente paura, questa volta: la pioggia si ferma dopo una decina di minuti e il cielo nuvoloso crea un clima perfetto. Dal momento che i cancelli aprono alle 15, ovvero quattro ore e mezza prima dell’ingresso dello special guest (...), ciò è molto gradito da chi scrive.
Sorvoliamo sull’esibizione degli Avatar, su cui tutti si fanno la propria idea, per dedicarci ai re della serata.
Alle 20:50 gli spalti iniziano a urlare ed esultare: la band è arrivata allo stadio. E infatti, dopo pochi secondi, parte Doctor Doctor, che da sola scatena tutti i 40mila presenti. Per noi questo non è il primo show del tour, ma è sicuramente il primo con una tale partecipazione di pubblico. Sulla strumentale The Ides of March appaiono i primi video sul maxischermo, e la voce di tutti noi diventa una cosa sola. E infine, eccoli lì. Il palco esplode e, senza che ce ne rendiamo conto, gli Iron Maiden sono già sopra a suonare una grintosissima (e forse la più veloce finora) Murders in the Rue Morgue. Il pubblico impazzisce e canta ogni singola parola, mentre nelle prime file si scatena il delirio. L’invito della band a non filmare tutto lo show è ben recepito (e ricordiamo che non vuol dire che non si possano fare foto o video, ma non passate tutto il tempo con il telefono in mano!), e di conseguenza c’è molta più partecipazione.

Non c’è neanche il tempo di riprendersi che Simon Dawson scandisce il tempo di Wrathchild. L’Euganeo salta e canta il ritornello a squarciagola, restituendo ai Maiden una carica incredibile. Carica che, evidentemente, fa solo che bene ai membri della band: stanno suonando tutti in maniera divina. Bruce Dickinson, in particolar modo, è fuori di sé e non si risparmia minimamente, regalando quella che è senza dubbio la sua miglior performance di questo tour (e pensare che anche negli altri show ha cantato alla perfezione!). Si vede chiaramente che tutti si stanno divertendo come bambini, davanti a uno stadio che non è solo stracolmo, ma anche più rumoroso di loro (e stavolta non perché l’impianto audio sembra quello di una sagra!). Terminata Wrathchild, si prosegue con Killers, di cui il pubblico canta anche i riff. Eddie fa qui la sua prima apparizione, accolto da un boato: è bello vedere che, anche se i Maiden sono entrati nel XXI secolo con gli schermi, alcuni dei “mostri giganti” sono rimasti!
Terminata la title track del secondo album, arriva il primo momento di pausa. Bruce si avvicina al pubblico, che esplode in cori e urla. Non c’è un modo certo per saperlo, ma siamo sicuri che stasera stiamo registrando il record come pubblico più rumoroso del tour. La band ci guarda sorridendo, senza nascondere la felicità di vedere una tale reazione dopo 50 anni di carriera. Bruce presenta quindi Simon Dawson, accolto con applausi e cori. In Italia, dove (rigorosamente online) veniva definito come “la rovina degli Iron Maiden, un incapace, un buono a nulla". Invece eccolo lì, che si gode l’approvazione di 40.000 persone: la prova definitiva che pochi commenti sul web non rappresentano proprio nulla.

Si prosegue con Phantom of the Opera, che - se possibile - scatena ancora di più il pubblico, ben felice di accogliere la richiesta di Bruce a fare un po’ di “furious jumping”. I video in bianco e nero ci immergono nelle atmosfere horror di The Number of the Beast, durante la quale le fiamme scaldano ulteriormente un pubblico già rovente. È Steve Harris a iniziare la canzone successiva, uno dei brani che da decenni fa saltare gli stadi: The Clairvoyant. Devono essere proprio solide le fondamenta dell’Euganeo, per reggere i balzi di 40mila persone.
I tamburi introducono poi Powerslave, eseguita magistralmente. 2 Minutes to Midnight spezza la tensione creata dall’epica precedente, e il ritornello (più attuale che mai, purtroppo) è urlato a squarciagola da tutti i presenti: chissà se in centro a Padova ci hanno sentito!
Arriva poi uno dei momenti più sentiti di tutto lo show: “This is not what to do if a bird shits on you!”. Rime of the Ancient Mariner è accolta con un boato che fa tremare tutto lo stadio. Per tutti i suoi 14 minuti di durata, le persone cantano, saltano, piangono. E con ragione: ancora una volta i Maiden offrono una performance incredibile di questo classico. Siamo a metà concerto, ma gli animi non si placano - anche perché è impossibile non urlare il ritornello di Run to the Hills a squarciagola (e qui, sicuramente, ci hanno sentito in città!).

Segue la title track di Seventh Son of a Seventh Son, vera sorpresa della scaletta di questo tour, che fa scendere più di una lacrima a molti dei presenti. Saremo forse ridondanti, ma non possiamo fare a meno di sottolineare la magnificenza della performance che i Maiden ci stanno dando. A quasi settant’anni, stanno suonando come poche altre volte nella loro carriera.
Lo show continua con The Trooper, che a momenti (in particolare quando Bruce sventola il tricolore) fa venire giù tutto lo stadio: un pubblico così farebbe invidia al famigerato Sudamerica.
È il turno di Hallowed Be Thy Name, di cui il pubblico canta ogni singolo riff e fraseggio come fossero parole di un testo.
“Scream for me Padova! Scream for me Italia!” - ed ecco che parte l’inno degli inni: Iron Maiden, cantato con trasporto sia da Bruce che da tutti noi.
Dopo una brevissima pausa, il rombo dello Spitfire e le parole di Winston Churchill lanciano Aces High, forse il brano più discusso di tutta la scaletta. È sicuramente una delle canzoni più difficili per Bruce, e metterla come prima encore gli rende il lavoro estremamente duro. Ma questo Bruce, a quanto pare, non lo sa: la canta quasi come se fosse il primo pezzo dello show. Certo, va detto che molti di noi nemmeno lo sentono, visto che i cori del pubblico riescono quasi a coprirlo (e ripetiamo che i volumi sono davvero alti!).
Fear of the Dark scatena di nuovo il delirio, mettendo a dura prova la struttura dello stadio, cosa che non cambia con la conclusiva Wasted Years.
“Siete stati fantastici stasera! In tutto il tour, voi avete cantato come dei fottuti italiani stasera!”: l’emozione di Bruce e della band è evidente. E non possiamo che essere fieri di aver dato ai Maiden un’energia del genere, ancora inedita per questa prima parte di tour.
Ed è sulla promessa di Bruce di “rivederci presto” che il gruppo si allontana dal palco. Le facce post-concerto dei presenti dicono tutto: stasera abbiamo assistito a qualcosa di grandioso. E più di qualcuno - anche avanti con l’età - si sbilancia dicendo che è stato il miglior show degli Iron Maiden che abbia mai visto.
Questo non possiamo saperlo con certezza, ma il fatto che - per una volta - i commenti online siano tutti positivi e che abbiano affossato le critiche legate all’organizzazione, è segno che il concerto di Padova è stato davvero maestoso.
Tuttavia, siccome anche noi siamo italiani, e quindi un po’ polemici per natura, non possiamo fare a meno di spendere qualche parola su ciò che poteva essere gestito molto meglio, anche se per fortuna questa volta la lista è breve.
INGRESSO TROPPO ANTICIPATO
L'avevamo accennato ad inizio recensione e ora dobbiamo parlarne più approfonditamente. L'apertura cancelli alle ore 15:00 è stata davvero traumatica per chi voleva conquistarsi un bel posto fronte palco. Per quattro ore e mezza siamo rimasti immobili, senza nulla da fare. Certo, grazie al cielo ogni tanto venivano distribuite le bottigliette d'acqua, e il caldo clemente ci ha permesso di viverla abbastanza bene da quel punto di vista, ma perché non si è potuto fare come nella stragrande maggioranza dei casi all'estero, dove l'ingresso avviene molto più tardi? Capita anche fuori Italia che i cancelli vengano aperti prestissimo, ma ciò avviene esclusivamente per concerti con grande affluenza e con un unico settore; in uno stadio che ha tanti posti divisi non ha molto senso, perché le persone da gestire sono molte meno. "Nessuno vi obbliga a stare davanti, potevate entrare dopo", direte voi. E in effetti non possiamo obbiettare, però ci sembra strano che a tutte le date a cui abbiamo assistito in questo tour l'ingresso è sempre stato più ravvicinato all'inizio degli show, anche con più band di supporto (vedi Londra) mentre da noi si è dovuto aprire così presto (tra l'altro, anche nel prato, la maggioranza delle persone è arrivata ben dopo).
PRATO 1 (E MEZZO?)

Ormai (anche all'estero) i pit dei concerti in posti grandi non sono più fatti per 3/4mila persone. Quello di Padova però non era un pit, e infatti almeno non aveva quella denominazione. Si trattava letteralmente di (oltre?) metà campo di calcio. Sicuramente più di 10mila persone erano presenti in questo settore. Ora, oltre al discorso "io pago di più per stare davanti e mi ritrovo comunque ad un km di distanza", è innegabile che ciò abbia portato ad una calca senza precedenti, che non è solo imputabile a persone che volevano passare davanti a tutti i costi, ma semplicemente al fatto che non c'era alcuna reale area di sicurezza fronte-palco, che poi è il motivo per cui esistono i pit (che poi molti organizzatori li mettano a pagamento è un altro discorso). E sinceramente qui non troviamo spiegazione se non il voler guadagnare a tutti i costi (fate un po' voi 172 x 10.000...). Organizzatori: vi assicuriamo che anche con un pit normale avreste fatto i soldoni, magari un po' meno, ma avreste fatto sì che molte persone si godessero lo show senza timori.
I PREZZI
E vabbè, qui c'è poco da dire. O meglio, abbiamo già tutti bestemmiato e inveito. Noi ancora oggi non riusciamo a comprendere come, per uno show degli Iron Maiden con lo special guest del tour, in uno stadio (all'epoca dell'annuncio) di SERIE C, i biglietti per Padova fossero i più costosi del tour, più degli stadi di Londra, Helsinki, Germania. Addirittura in Svizzera i prezzi erano più bassi. Va bene la burocrazia, va bene i costi in aumento, ma stiamo parlando di quasi 200€ per un biglietto fronte-palco (che poi fronte-palco non era). La leggenda metropolitana secondo cui andare a vederli all'estero costa di meno è diventata realtà. E se questa volta il sold out è stato praticamente raggiunto, non è davvero detto che la prossima volta si riavrà questo successo.
IN CONCLUSIONE...
Lo show di Padova è stato sicuramente qualcosa di leggendario, che entra di diritto fra i migliori concerti della band nel nostro paese. Hanno tutti regalato una performance assolutamente stellare, Bruce in particolar modo. È inutile che ci giriamo attorno: l'ingresso di Simon ha dato una netta svecchiata alla band, che ora può suonare più a lungo e proporre brani che un Nicko McBrain post-ictus non riuscirebbe ad eseguire, perlomeno all'altezza dei suoi standard (che sappiamo essere rigorosi). La band è affiatata come non mai, magari anche solo per l'ebrezza di suonare con qualcuno di nuovo dopo circa 30 anni dall'ultima aggiunta nella band, e quel qualcuno, show dopo show, sta facendo sempre di più un ottimo lavoro. D'altronde, come ha detto Bruce, sostituire Nicko McBrain è un compito quasi impossibile per tutti.
Padova ci ha anche confermato qualcosa che tutti sospettavamo già: vedere il gruppo così energizzato dalle urla di 40mila persone ha dimostrato che la dimensione perfetta per gli Iron Maiden in Italia sono gli stadi. Perché, alla fine, più che fan siamo tifosi: ci piace urlare quando i nostri beniamini fanno gol, e domenica hanno mandato a casa tutti (col sorriso).
Organizzatori: quando torneranno, perché ritorneranno, dategli nuovamente uno stadio, magari più moderno e attrezzato. Se l'Euganeo era un test possiamo dire che l'abbiamo tutti superato col massimo dei voti. Magari, ecco: torniamo a pit normali e prezzi perlomeno poco più alti che il resto d'Europa. La strada, però, è quella giusta.
