Vi riportiamo la traduzione della recensione di Senjutsu realizzata dal magazine francesce Hard Force.
Con l'avvicinarsi dell'uscita del 17° album degli IRON MAIDEN, "Senjutsu", prevista per il 3 settembre, il nostro specialista della vergine di ferro Jérôme Sérignac ci fornisce un dettagliato track by track di quello che sembra essere l'inizio di una grande annata.
''Senjutsu'' (Smith - Harris) Durata: 8'20
Questa prima traccia inizia con un ritmo tribale esaltato da chitarre aggressive, il tutto su un mid-tempo epico e in un'atmosfera piuttosto pesante rispetto a quanto abbiamo già sentito prima dal gruppo. Una sensazione di malinconia emerge da alcuni passaggi, con una voce superba armonizzata in modo non convenzionale da Bruce Dickinson. È già una novità in questo disco. Con la musica di Adrian Smith, il soggetto di ''Senjutsu'' sviluppato da Steve Harris evoca un popolo nordico che deve proteggere un muro a costo della propria vita. Dave Murray si cimenta un assolo molto ispirato e Adrian Smith si occupa del finale, seguito dai synth. Alcuni passaggi ricordano ciò che Bruce faceva a volte nella sua carriera solista.
''Stratego'' (Gers - Harris) Durata: 5'
Pezzo da singolo, come dimostra la sua pubblicazione del 19 agosto.
Ogni album degli IRON MAIDEN ha canzoni semplici e accattivanti che di solito usano come estratto. Ecco un brano tipico del gruppo ma con, solo nello spirito, alcuni richiamo al periodo "classico e pesante", come si nota dalla galoppata. Il suono della chitarra di Janick Gers che accompagna Bruce sui versi ci riporta indietro di vent'anni. Le armonie, vero plus della canzone, e le parole di Bruce fanno sì che questo sia il primo brano che evoca "l'arte della guerra" (" Teach me the art of war""), una dei significati della parola Senjutsu. Anche questa è una novità che avviene sotto i nostri occhi (e soprattutto nelle nostre orecchie) mentre siamo solo al secondo pezzo e non alla fine delle nostre - belle - sorprese.
''The Writing on the Wall'' (Smith - Dickinson) Durata : 6'14
Primo singolo scelto per presentare l'album, questa canzone crea un'atmosfera folk con le chitarre che ascoltiamo durante l'introduzione di questo mid tempo. Il suono del basso di Arry è massiccio e si cimenta in una linea abbastanza complessa durante il riff principale. Bruce torna a uno stile di canto più consueto con testi cupi, quasi profetici che contrastano un po' con la vivacità della melodia. Bisogna ascoltare attentamente per cogliere tutte le sottigliezze delle chitarre, specialmente sui ritornelli. Adrian Smith è, e lo confermeremo nel corso dell'album, un maestro sui due assoli che interpreta, con un finale da parte sua semplicemente epico.
''Lost In A Lost World'' (Harris) Durata : 9'32
Mai visto prima (sentito piuttosto) un intro dei Maiden che si estende per quasi 2 minuti e che vuole essere anche malinconico. Da notare gli effetti sulla voce di Bruce, seguiti da cori svettanti conditi con un tappeto di synth. Quando la canzone parte davvero, certe atmosfere evocano quelle di "No More Lies" ("Dance Of Death" del 2003). Bruce fa le seconde voci su alcune battute in un modo inedito, e con una potenza che stordisce. Ci sono molti cambi di ritmo man mano che passano i minuti che si concludono con una lunga parte strumentale. Siamo al cospetto di una composizione nel più puro filone harrisiano, che pecca di alcuni problemi come la ridondanza di parti non necessariamente indispensabili alla buona riuscita del pezzo.
''Days Of Future Past'' (Smith - Dickinson) Durata : 4'04
Il duo Smith / Dickinson sale sul palcoscenico con questa canzone sulla scia di "The Mercenary", "The Wicker Man" o "Speed Of Light" visto il lato aggressivo del riff. A questo punto dell'ascolto, va notato che Adrian Smith, che firma il pezzo insieme a Bruce Dickinson, si sta ritagliando una parte da leone. I testi sono ancora una volta piuttosto cupi (" Waiting for the judgment and the judgment never ends ").
'' The Time Machine '' (Gers - Harris) Durata: 7'10
Co-scritta da Gers e Harris, la melodia di apertura è un seguito diretto a "The Legacy" di "A Matter Of Life And Death" del 2006, un titolo già co-scritto dagli stessi, e continua fino a che le tastiere non arrivano per dare uno stile più arioso. Quindi, sebbene ci siano allo stesso tempo cliché che rassicurano l'ascoltatore, è qualcosa completamente nuovo per i Maiden. Nello sviluppo, spiccano il pre-ritornello e il riff della canzone, soprattutto con questo particolare break che arriva dopo 3 minuti. Anche il suono che ascoltiamo durante l'assolo di Dave Murray è da inserire nel riquadro delle novità, e notiamo anche che la distribuzione delle chitarre nel mix è stata leggermente modificata, dando a ciascuno dei chitarristi più ampiezza. Da elaborare.
''Darkest Hour'' (Smith - Dickinson) Durata : 7'21
Terza fatica del team Smith/Dickinson (nessuno dei due firma titoli da solista sul disco), si comincia con il rumore delle onde e il verso dei gabbiani. ''Rime Of The Ancient Mariner 2 ''? No ! L'intro è quasi neoclassico con questa superba melodia di Smith. La canzone è piuttosto lenta nel complesso e il testo è cupo (" We bury our children... "). La voce di Bruce è più distante nel mix e vuole essere più convenzionale anche se nasce su sequenze di accordi che il gruppo non ha mai usato fino ad oggi, con sonorità blues/rock facenti parte dell'universo che tanto ama Adrian Smith. Il doppio solo è magico, con un Murray che ci ripropone il colpo di "Coming Home" del 2010, Hendrixiano nello spirito.
''Death of the Celts'' (Harris) Durata : 10'20
Harris è a casa qui, piantando le sue pietre miliari in una terra che conosce fin troppo bene. Viene subito in mente "The Clansman" con questo intro di basso e chitarra acustica, prima che le parti elettriche arrivino dopo 2 minuti. Forse il pezzo che più si avvicina ad un pezzo classico, buona traccia la quale però ha una grande parte strumentale (troppo lunga forse, per un gruppo che a volte trarrebbe beneficio tagliando un po' di più, rendendolo più efficiente. ). Gers fornisce un primo assolo seguito da Murray e infine Smith. Quest'ultimo è molto aggressivo fin dai primi secondi ed è una sorpresa tanto efficace quanto intensa. Le voci sono abbastanza scarne, senza effetti particolari o backing track. Il loop è completo alla fine dei 10 minuti di durata di questa canzone, con una fine identica all'inizio.
'' The Parchment'' (Harris) Durata: 12'39
Il Bolero di Ravel! Ecco cosa mi viene in mente fin dall'intro. Un classico pezzo metal moderno, ed ecco un'altra novità per i Maiden. Qualunque cosa ci sia dopo in questa canzone, siamo totalmente soddisfatti. E quello che succede dopo, appunto, è incredibilmente pesante! Ritmo lento, quasi tetro, con accenni orientali: è semplicemente ipnotizzante e ad alto volume la canzone ci manda in un'altra dimensione. La voce di Bruce (che per tutto l'album dimostra la sua maestria centrando tutte le note) è seguita da una chitarra, mentre il soggetto della canzone è una pergamena mistica. Possiao sentire una grande suite di assoli di Gers/Smith/Murray prima del ritorno della voce seguita dalla chitarra di Murray, che ci trasporta a sonorità più classiche dopo 10 minuti. Quasi un peccato vista la potenza e l'originalità della prima parte, ma il tutto viene presto risolto da un doppio assolo, Gers prima e Smith poi. Un finale originale, su successione di accordi, che riprende il motivo musicale dell'intro. MAGISTRALE!
'' Hell On Earth '' (Harris) Durata: 11'19
Ultima traccia di un album da rispettare sin dal primo minuto, e quarta composizione firmata da Harris. ''Hell On Earth'' inizia con una lunga introduzione con parti di tastiera, arpeggi di basso e una melodia di chitarra che vi si inserisce sopra. Il vero inizio della canzone sorprende un po' perché arriva senza preavviso, una galoppata 100% Maiden e una linea vocale che inizia con una chitarra che segue la melodia, la quale rimanda a ''When The Wild Wind Blows'' ("The Final Frontier” del 2010). Il brano ha alcune parti che sanno di già sentito nel catalogo della band, ma non per questo è meno efficace. Ci immaginiamo già questo pezzo dal vivo, a saltare nel parterre con i pugni alzati. Per l'ultima volta, la parte strumentale occupa parecchio spazio in un disco che occupa un posto d'onore nella discografia del gruppo. Il finale è sullo stesso schema di ''The Parchment'', pesante come piombo e con un assolo. Cupo come quasi tutti i testi scritti per “Senjutsu”, quest'ultimo pezzo tratta dello stato miserabile del pianeta, dove vediamo dei bambini armati che combattono in nome di un Dio.